Il caso è stato sollevato dal Times che ha raccolto pareri di ex funzionari dell’MI6 (il controspionaggio) ed esponenti del passato governo laburista secondo i quali è mancata una valutazione preventiva sul piano della sicurezza dei dati affidati ai sistemi di controllo della Hikvision cinese.
L’ipotesi è che gli hacker di Pechino, con le telecamere prodotte da un’azienda cinese, abbiano un’occasione unica per ottenere una visione in diretta di siti sensibili nel Regno Unito.
Documenti sulle scrivanie
Secondo Lord West of Spithead, ex ammiraglio ed ex ministro alla Sicurezza laburista, avendo accesso alle immagini delle telecamere, agenti cinesi potrebbero scoprire segreti. «Una telecamera a circuito chiuso in un ufficio può riprendere anche i documenti su una scrivania che possono essere ingranditi e letti», ha detto Lord West al Times.
Collegamento Internet
Fonti dei servizi segreti britannici evidentemente contrarie all’accordo commerciale con i cinesi dicono che le telecamere di Hikvision sono molto avanzate: possono leggere e riconoscere agevolmente i numeri di targa delle automobili (comprese quelle in entrata e in uscita dai cancelli di edifici pubblici), seguono il percorso dei veicoli e usano immagini termiche che bucano il buio della notte. La maggior parte delle apparecchiature Cctv montate a Londra possono essere collegate all’Internet, mettendo quindi i dati a portata di eventuali hacker-spie.
Dissidenti e agenti segreti
Nigel Inkster, ex direttore operativo dell’MI6 ha spiegato: «Pensiamo anche al caso ipotetico di un dissidente cinese che entri in una stazione di polizia londinese per chiedere asilo o protezione; non serve uno scienziato Premio Nobel per immaginare che la sua scelta potrebbe essere osservata…». O magari, anche se questo Mr Inkster non lo pubblicizza, in una stazione di polizia londinese o in una «casa sicura» potrebbe entrare una spia cinese desiderosa di svelare segreti del suo Paese: lo spionaggio è un’arma a doppio taglio.
Tecnologia “back door”
Aziende cinesi sono state accusate negli Stati Uniti di aver installato «back door» nei loro prodotti per spiare concorrenti occidentali. La Hikvision è per il 42 per cento di proprietà dello Stato cinese. Secondo l’inchiesta del’Times l’azienda è nata da una costola delle attività commerciali dell’Esercito cinese. Con una politica di prezzi vantaggiosi ha conquistato il 14 per cento del mercato britannico della videosorveglianza in soli quattro anni: 1 milione e 270 mila sistemi Cctv nel Regno Unito hanno il marchio Hikvision. (Corriere.it)
Il tutto ha avuto inizio quando un giornalista, sotto copertura, del “Mail on Sunday” (famosa testata britannica) si è presentato come un uomo d’affari per infiltrarsi nella sede centrale ad Hangzhou, Cina orientale, e indagare sulle attività della società. Quello che ha scoperto non fa che aggiungere altre preoccupazioni sull’attività della Hikvision, la cui crescente influenza nel Regno Unito è già stata messa in discussione da ex agenti MI6 e ministri della sicurezza.
Hikvision è stata finanziata con miliardi di sterline da Pechino, e ha utilizzato i fondi per vendere sistemi di videosorvegliana, sostengono i critici, al di sotto dei prezzi di mercato: ciò ha consentito che diventasse la più grande società di videosorveglianza del mondo in meno di un decennio. Nonostante affermi sul sito web di essere una società indipendente, l’Hikvision è di proprietà della cinese Electronic Technology Corporation, un ente governativo con il compito di sviluppare sistemi elettronici per uso militare e civile, compreso lo sviluppo di software per raccogliere dati sui posti di lavoro, hobby, abitudini di consumo e altri comportamenti dei cittadini, per identificare i “terroristi”. A dicembre 2015 ha ricevuto 2,4 miliardi di sterline dalla China Development Bank e nel mese di agosto, 2,3 miliardi di sterline in prestito dalla Export-Import Bank of China: entrambe controllate dal governo cinese. (fonte: dailymail.co.uk)
La risposta ufficiale del GM di Hikvision non si è fatta attendere, visto che lo scorso 20 Aprile ha rilasciato un intervista in cui difende l’azienda per cui lavora, definendola una impresa privata quotata in borsa. Sostenendo inoltre che in Cina sia consueto che imprese private che operano in settori particolarmente delicati siano spesso oggetto di investimenti ad opera di capitale statale. (l’intero articolo è disponibile qui: Articolo)
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